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La partecipazione maggioritaria di più Pa ad una società non è di per sé presupposto di "controllo". Corte dei - Conti sez. riunite sent. n. 25/2019 -
I magistrati contabili si sono espressi sul ricorso effettuato da una multiservizi avverso la deliberazione della sezione regionale di controllo per le Marche.
Nell'ambito dei controlli sul rispetto delle norme del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, alla società ricorrente veniva contestata una violazione inerente la composizione del consiglio di amministrazione che, ad avviso della Sezione poneva la condizione di legge non solo per l'applicazione delle norme riguardanti la partecipazione "pubblica", ma anche di quelle attinenti il "controllo pubblico".
Secondo la ricorrente società la sezione di controllo incorreva nella violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 11 del decreto legislativo n. 175 del 2016, nella misura in cui la inseriva nel perimetro delle "società a controllo pubblico" ai sensi del citato art. 2, equiparando queste ultime alle "società a partecipazione pubblica", ritenendo sufficiente a tal fine il semplice possesso da parte dei soci pubblici della maggioranza frammentata delle azioni e dei voti in Consiglio di amministrazione.
Preso atto delle posizioni delle parti, il collegio giudicante ha precisato che la partecipazione maggioritaria alla società di più Pa non può di per sé giustificare l'affermazione di un coordinamento di fatto, né può tradursi automaticamente in "controllo".
La Corte ritiene che lo status di "società a controllo pubblico" non può essere desunto dai meri indici costituiti dalla maggioranza di azioni e di consiglieri nel C.d.A., ma richiede precipua attività istruttoria volta a verificare se, nel caso concreto, sussistano le condizioni richieste dall'art. 2, lett. b) del TUSP. Quindi la Corte accoglie il ricorso e annulla la determinazione.
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